Fahrenheit 451-Ray Bradbury


Incipit

Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla solida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l'uomo premette il bottone dell'accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo.


Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.


Ho diciassette anni e sono pazza. Mio zio dice che queste due cose vanno sempre insieme.


«Come si spiega», le disse una volta, presso l'ingresso della sotterranea, «che mi sembra di conoscervi da tanti anni?»
«Perché io vi voglio bene», ella disse, «e non voglio nulla da voi. E poiché ci conosciamo bene tutt'e due.»


Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di "fatti" al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere "veramente bene informati". Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch'è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza.


Ero bambino, quando mi morì il nonno, che era uno scultore di valore. Era anche un uomo d'animo gentile che aveva molto amore da dare al mondo e aveva contribuito grandemente ad alleviare la miseria nel quartiere povero della nostra città. Costruiva giocattoli per noi e aveva fatto un milione di cose buone in vita sua. Era un uomo che aveva sempre le mani in moto per fare qualche cosa. Ora, quando morì, io mi accorsi ad un tratto che non piangevo per lui, ma per tutte le cose che aveva fatto. Piangevo perché non le avrebbe fatte mai più, non avrebbe mai più scolpito o intagliato un pezzo di legno, mai più ci avrebbe aiutato ad allevare colombe e piccioni nel giardino di casa, né avrebbe suonato più il violino come lui solo sapeva fare, né ci avrebbe più raccontato le cose buffe che ci raccontava.


«...sapete cosa ho scoperto?»
«Che cosa?»
«Che la gente non dice nulla»
«Oh, parlerà pure di qualche cosa, la gente!»
«No, vi assicuro. Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice qualcosa di diverso dagli altri...»


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