Nick Waterhouse - S/T (2019) Recensione
Come si fa a non voler bene a Nick Waterhouse? L’occhialuto cantante, chitarrista e produttore è uscito in questi giorni col suo quarto lavoro che – quasi come fosse il primo – porta il suo nome.
Immagine a metà tra il nerd dei film
demenziali degli anni ’80 e componente di qualche band inglese beat del ’64,
Waterhouse è quanto di più nostalgico possiate immaginare a livello di suoni.
Il nuovo lavoro è l’ideale compendio di tutti gli stili da cui il buon Nick
trae linfa, a partire dalla bella By Heart, r&b rilassato tra echi di Dusty
Springfield, Zombies e Amy Winehouse, proseguendo col sontuoso singolo Song for
Winners, che incrocia i Them di Van Morrison con le solite influenze beat.
L’arrangiamento è davvero perfetto, così come adattissimo è il suono Twangy
della chitarra; davvero si nota in questo pezzo come il buon Nick possa celarsi
dietro alcune produzioni dei sottovalutati Allah-Las.
I
Feel An Urge Coming On e Undedicated sono due pezzi da manuale del soul, con
tanto di coretti e Nick credibilissimo crooner soul-jazz.
Ma
è tutto il disco a mantenersi su livelli di eccellenza, basterebbe un numero
soul come Wreck The Rod a fare la differenza, o la chitarra blues ciancicata
alla John Lee Hooker di Which Was Writ o ancora un pezzo come Man Leaves Town –
come dei Rolling Stones con un arrangiamento freak – ma Waterhouse a questo
giro è davvero ispirato. Tanto da regalare anche uno strumentale alla Tequila,
El Viv e una serie di pezzi che tutto sono fuorché riempitivi.
In
conclusione, il difetto più grosso che riesco a trovare a Nick Waterhouse è
forse il successo di Katchi, nell’orrido remix degli Offenbach di un paio
d’anni fa, che l’ha sì fatto conoscere al grande pubblico, ma forse nella sua
versione peggiore.
Voto:
7.5
Commenti
Posta un commento