Fwora Jorgensen - Le Notti Bianche (2019) Recensione
Imparate questo nome: Fwora Jorgensen.
Ok,
ora siete pronti e la prossima volta che sentirete qualcuno lamentarsi che non
esistono più le belle canzoni del tempo che fu e che dopo De Andrè, De Gregori
e Battisti la musica d’autore è morta, e che oggi in Italia c’è solo la trap o
le melodie da festival, prendete fiato e urlategli in faccia: “Fwora
Jorgensen!”
Le
notti bianche è fuori da un po’ per Goodfellas ed è il debutto per Mirco
Mariani nelle vesti di cantautore finlandese per caso, ispirato al cinema –
bellissimo, per chi scrive – di Aki Kaurismaki. In realtà il nome che sta
dietro il nordico moniker, stava già dietro ai dischi a nome Saluti da Saturno,
oltre che, come collaboratore, in una serie pressoché infinita di
collaborazioni; citiamo Capossela e Pacifico.
Effettivamente
le affinità col cinema di Kaurismaki ci sono, e non poche. Un suono che procede
più per sottrazioni e che evoca immagini cinematografiche di cui spesso il
senso letterale sfugge, ma lasciando una forte suggestione; come se tutti ci
fossimo trovati negli stati d’animo che Fwora – non – decrive nei testi. Gli
arrangiamenti sono delicati ma, a loro modo, perfetti, con tanto di theremin
che affiora qua e là. Fatti non certo per accarezzare lo svogliato orecchio
dell’ascoltatore radiofonico ma più per solleticare un sottile gioco di rimandi
e citazioni per i fruitori più smaliziati. Eppure le canzoni di Fwora – e
sottolineiamo canzoni, perché di questo, vivaddio, si tratta – sono di quelle
che arrivano non solo al cervello, e per di più, spesso al primo ascolto.
Eccellenti
le collaborazioni, da Mauro Ermanno Giovanardi a Francesco Bianconi che – anche
fuori dai Baustelle – non sbaglia un colpo.
Vi
segnalo i pezzi per me più meritevoli, e poi dritti ad ascoltarlo e a
diffonderlo.
Innanzitutto
i due pezzi con Bianconi, Le notti bianche e Cavallo Bianco, dai tratti
deandreiani. All’ombra del gabbiano con atmosfere tra Capossela, Calexico e
alcuni arrangiamenti anni ’60. Come foglie, eterea collaborazione col maestro
Mitchell Froom, la bella Mille di Massimo, che ricorda l’Albatross di Peter
Green nell’incedere e infine la geniale riproposizione del classico trash disco
Gam Gam, che farà versare una lacrimuccia di nostalgia a chi ha l’età giusta
per farlo.
Voto:
7
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