Indierocket Festival: Serata #1

Si è aperta ieri sera la tredicesima edizione dell'Indierocket Festival di Pescara, una delle rare occasione per ascoltare musica dal vivo di un certo spessore nella mia cittadina. Il Reportage semiserio.
Essendo stato incaricato di recensire il festival, e anche di foteggiare, per conto di un quotidiano online, mi appresto sul luogo del delitto fin dalle 19, in tempo per godermi, si fa per dire, gli ultimi raggi ultravioletti di una delle giornate più calde dell'anno, e per farmi un'idea della portata del Festival; ultimi preparativi, qualche astante già pregno di birra che si scalmana sulla fiducia e bambini parcheggiati dai nonni che giocano nella cornice, non splendida ma accettabile, del parco Di Cocco, ignari della tempesta sonora che promette di scatenarsi di lì a poco.
Il primo live act è appannaggio dei Weird Black di Roma, quartetto che evidentemente ha avuto il tempo anche di assaporare le spiagge locali, visto che si presentano sul palco, almeno il vocalist e il chitarrista, in boxer e kimono psichedelico. Il loro rock mischia un po' di tutto, tranne il Brazil citato nel titolo del loro lp, a dire il vero, dalla west coast ai Velvet Underground, ai più contemporanei Foxygen e Parquet Courts. Una mezz'ora che scorre via piacevole, nonostante a far da pubblico siano per ora poco più che quattro gatti, tra cui qualche figura che inizia a scatenarsi presa da fumi non proprio metaforici.







Seguono i John Canoe, altro progetto italiano tra garage surf e accenni grunge e, mentre un rasta d'ordinanza ostacola in tutti i modi che la vetusta capigliatura gli permette i miei scatti, mi chiedo come faccia il chitarrista a suonare con una tracolla così corta, roba che nemmeno lo Scotty Moore di Elvis. Tutto sommato un'altra mezz'ora che fila via senza infamia né lode, col buon Rolando Bruno, il prossimo in cartellone, che si rilassa sparandosi una birretta seduto sull'erba, in pieno stile Woodstock(84).
Ed è proprio Rolando Bruno Y Su Orquestra Midi (ovvero un ipod con basi registrate) uno degli artisti che più mi incuriosisce; il suo repertorio fa rivivere pezzi della tradizionale Cumbia peruviana (ma lui è argentino) filtrati attraverso arrangiamenti garage-psych, per concludere con una cover di Sympathy For The Devil in spagnolo. Il risultato è un mix straniante tra Buena Vista Social Club e Santana, con Rolando, che scambieresti facilmente per un ambulante peruviano, di quelli che vendono i cd con Baglioni rifatto col flauto, che si dimena con vero piglio da rocker, impartendo assoli psichedelici degni di miglior causa. Molto piacevole.
È la volta degli Squadra Omega, progetto italiano che mischia non sempre in modo felice kraut, space rock, free jazz e avanguardia rumorista, con un muro di suono imponente ma a tratti insensato. Ma a questo punto siamo già in pieno clima festivaliero, odore di cannabis in ogni dove, ubriachi che si dimenano e tutto il corredo hippie tipico dell'occasione. Credo di essere l'unico a far caso ancora a chi suona.
E faccio bene, visto che il successivo è l'act che vale la serata, quello degli Psychic Ills. I newyorkesi attaccano circospetti, ma il loro validissimo rock psichedelico con accenni shoegaze fa presto a fare breccia nei miei gusti. Infatti, al di là dell'effettistica che ammanta di psichedelia il tutto, l'ossatura dei pezzi si rifà in toto alle radici americane, mischiando sapientemente country, blues e un certo folk alla Bob Dylan in acido. Molto, molto bello, peccato siano quasi tutti troppo ubriachi per accorgersene.
La conclusione fila via liscia con l'altra band di New York in scaletta, i White Hills. La loro è una psichedelia meno gentile, con un granitico muro di suono di grande efficacia.
Stasera live all'insegna dell'elettronica più spinta, non so se ci sarò. E se cisarò sarà per la birra.

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