Avvistamenti : God Willin' And The Creek Don't Rise-Ray LaMontagne


Ray LaMontagne ha tutte le carte in regola per sfondare anche commercialmente,nonostante il genere che si è scelto,un folk in bilico tra oscurità blues e ammiccamenti country-rock,non sia proprio il massimo per questo scopo.Tuttavia il nostro è dotato di talento in abbondanza,una voce che si stampa in mente facilmente,presenza scenica non trascurabile e un carattere schivo che lungi dallo sfociare nell'asocialtà gli conferisce maggior fascino.E ha anche avuto il dubbio privilegio di vedere qualche suo pezzo in una di quelle serie televisive americane tutte uguali,fatte per un pubblico tutto uguale.Ciononostante i suoi album precedenti,che pure contenevano ottimi pezzi(All the wild horses e Trouble,per dirne un paio),non mi avevano convinto del tutto,soprattutto per via di una certa noia strisciante che se ne stava in agguato tra una ballata e l'altra;il nuovo album,invece,sembra consegnarci un LaMontagne che ha trovato la quadratura del cerchio,l'iniziale Repo man è un funk blues in piena regola che non ti aspetteresti su un disco del genere,mentre la seguente New York City is killing me è una ballata praticamente perfetta.Ma tutto l'album si mantiene su un buon livello,svariando tra il blues di The devil's in the jukebox,l'intimismo della bella Are we really trough e l'incipit di For the summer,che sembra uscito dal Neil Young dei tempi di Harvest.Unico pericolo,paradossalmente,è la sua bella voce,fin troppo caratteristica e che alla lunga rischia di annoiare,facendolo a tratti somigliare ad un Paolo Nutini meno esagitato.In ogni caso un lavoro consigliato caldamente a chi vuole concedersi un ascolto tranquillo e rilassante,senza troppe sorprese.

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