Avvistamenti : Umberto Palazzo-Canzoni Della Notte E Della Controra(2011)


Umberto Palazzo è la tipica figura dell'outsider di lusso, l'artista sempre sul punto di valicare il labile confine della fama e del successo, quello a cui manca sempre trenta per fare trentuno. In tutte le sue incarnazioni(Massimo Volume, Santo Niente, Santo Nada) è sempre stato sul punto di superare la borderline della gloria locale, gloria che gli deriva anche dall'attività di dj specie presso l'oasi felice(ma ormai dismessa) del Wake Up. Sia ben chiaro, questa sua stanzialità sul confine di cui sopra nulla toglie al valore di Palazzo, anzi, probabilmente egli è il primo a trovarsi piuttosto a suo agio nella nicchia che si è scavato negli anni. Tutto questo per introdurre l'opera prima del Palazzo solista, opera ben ponderata se è vero che arriva in età non più verdissima. E che, per il sottoscritto, che ha sempre seguito senza troppo entusiasmo le evoluzioni dei Santo Niente, rappresenta una delle sorprese più piacevoli dell'annata; voglio spingermi oltre, Canzoni della notte e della controra è il disco italiano, con Capossela e Dente, che più mi ha convinto in tutto il 2011. Opera ben ponderata, si diceva, e si capisce già dalla cura di tutto il packaging e dalla scelta azzeccatissima del titolo(la controra è un termine meridionale che allude a quell'ora del primo pomeriggio che, per semplificare, potremmo assimilare all'ora della siesta messicana), oltre che dagli arrangiamenti minimali e cesellati dell'intero lavoro. Le atmosfere, allo stesso tempo cupe e mediterranee, rimandano a gruppi quali Black Heart Procession, a un certo pop italiano di qualità degli anni che furono e ad artisti come Cesare Basile e, con le dovute proporzioni, De André e Nick Cave. Manca quasi del tutto l'apporto ritmico della batteria e prevalgono gli strumenti acustici, anche se non manca un sottile filo elettrico a irrorare quà e là i nove pezzi di cui si compone l'album; da segnalare il discreto ed efficace uso di uno strumento insolito e fascinoso come il Theremin. I pezzi sono tutti di buon livello, spesso crescono piano implodendo làddove ci si aspetterebbe un banale ritornello e non ci sono particolari cadute di tono; tra le cose più pregevoli si segnalano l'apertura di Terzetto nella nebbia e della funerea La luce cinerea dei led(pezzo migliore, per me), le atmosfere quasi da tradizione napoletana di Cafè chantant e la bella e romantica Luce del mattino. Tra le cose che convincono meno i testi, non sempre all'altezza dei maestri, pur con sprazzi apprezzabili(Acchiappasogni, quasi dylaniana),l'evitabile riproposizione di Aloha,già noto pezzo dei Santo Niente e la voce di Palazzo, che a volte sembra non reggere la cupezza del concept. Ah, i più smaliziati aguzzeranno le orecchie nella conclusiva Acchiappasogni e riconosceranno ben più di un debito(omaggio?) verso la celebre Albatross dei Fleetwood Mac del grande Peter Green.
In conclusione, quindi, un plauso a Umberto Palazzo e un invito a continuare a coltivare questa sua vena cantautorale e intimista.

Commenti

  1. Felicissima di leggere questa recensione...e pensare che ancora ascolto tutto il cd!

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