Avvistamenti : The Rip Tide-Beirut (2011)
Al terzo lavoro la creatura del giovane talento Zach Condon riesce finalmente ad approdare verso l'album perfetto.Dopo album che, pur tra sprazzi lucentissimi, deludevano a volte non per mancanza, bensì per eccesso di ispirazioni e orchestrazioni, The Rip Tide è un lavoro perfettamente equilibrato tra il placido spleen di un pezzo classico come A candle's fire, le timide pulsazioni elettroniche di Santa Fe, il minimalismo di The peacock e le struggenti melodie della title-track e della conclusiva,sontuosa Port Of Call.Su tutto la voce di Zach, che sembra indagare i recessi dell'anima, piuttosto che cercare di arrampicarsi su per le ottave, come faceva a suo tempo un Morrissey o tuttora un Finn Andrews(il cantante dei Veils), artisti con cui Zach condivide sensibilità e timbro vocale. Sembra forse paradossale che si possa, attraverso la sottile malinconia che pervade le atmosfere dei Beirut, ritrovare la speranza di una piccola felicità, eppure è proprio lo stato d'animo a cui questo disco può indurre.
C'è poco da dire, sono davvero riusciti in una meravigliosa evoluzione. Certo ora hanno un sound più americano e meno orientaleggiante che era quella cosa che me li faceva amare in modo particolare...
RispondiEliminavery good disco!
RispondiEliminaLa prova che la folk c'è ancora, e alla grande.. :)
RispondiElimina