Damien Jurado - In The Shape Of A Storm (2019) Recensione
Damien Jurado è uno dei cantautori riusciti a emergere negli ultimi anni dal marasma creato dalla rinascita di quel genere tra il folk, l’indie e l’americana avvenuto dopo la fine degli anni ’90.
In
the shape of a storm nasce dopo la dolorosa perdita del collega musicista –
spesso collaboratore nei suoi progetti – Richard Swift, scomparso a soli 41
anni per problemi di salute dovuti all’alcolismo, e alla mancanza di
assicurazione sanitaria. È l’America, baby.
Appunto
da un momento di intenso raccoglimento nasce questo lavoro che mette insieme
canzoni scritte negli ultimi vent’anni e registrate in presa diretta e con
arrangiamenti completamente acustici in circa due ore. Unica presenza la
seconda chitarra di Josh Gordon.
Ci
troviamo di fronte a un lavoro che, a dispetto dell’impostazione disorganica e
scarsamente progettuale, risulta piacevolmente compatto. Certo, se cercate un
lavoro rumoroso e arrangiato per svagarvi, cercate altrove. In the shape of a
storm è l’ideale per prendersi una pausa dai ritmi forsennati imposti al
cervello dall’era dei social sempre connessi, una parentesi bucolica che fa
fare pace ai nostri sensi col mondo che li circonda.
Non
ha troppo senso analizzare i pezzi uno per uno in un lavoro che va lasciato
fluire quasi come se fosse un’unica lunga traccia, tuttavia mi limito a
segnalare gli episodi più convincenti. L’iniziale Lincoln, canzone
perfettamente costruita attorno alla voce sussurrante e delicata di Damien; la
bellissima – e brevissima – Oh Weather, tra Nick Drake e Simon & Garfunkel;
la cupa South e il raggio di sole della stupenda Throw me now your arms.
Ma,
ripeto, tutto il lavoro è davvero su livelli d’eccellenza.
Voto: 7
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