Avvistamenti: The Veils-Time Stays, We Go(2013)

Correva l'anno 2004 e l'album d'esordio dei Veils, band guidata dal talentuoso Andrew Finn, venne salutato come uno dei più belli dell'anno, un indie rock epico e viscerale che riadattava la versione delle grandi band del passato filtrandola attraverso una sensibilità e originalità da non sottovalutare. Poi arrivarono i Franz Ferdinand e gli Arcade Fire, e i nostri finirono immeritatamente in una sorta di limbo, non proprio band di culto per pochi, ma nemmeno così mainstream da riempire gli stadi. E menomale. Ora, dopo vari cambi di formazione e altri due album validi ma che non eguagliano l'esordio, i Veils tornano con quello che suona come il loro lavoro più compatto e maturo. E, anche se non siamo di fronte al capolavoro, Time Stays, We Go si presenta come un album tra i più interessanti di questa prima parte dell'anno. Dall'apertura epica di Trough The Deep, Dark Wood, travolgente inno indie rock, come gli U2 vorrebbero scrivere senza più riuscirci, a Train With No Name che prosegue sulla stessa linea, fino a Candy Apple Red, sorta di blues ballad dove la voce di Finn dà il meglio, e forse picco emozionale del lavoro. Va detto però che tutti i pezzi, scelti da un mazzo di cento(e si sente), hanno un loro fascino, tanto che qualsiasi potrebbe essere un singolo potenziale, in un mondo più attento. Manca forse qualche pezzo un po' più acustico a spezzare l'uniformità degli arrangiamenti, con chitarra elettrica e organo a farla da padroni, ma sono sottigliezze. Un ottimo lavoro da una band che, per me, continua a non deludere.

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