Skeleton In The Closet
È
da un po’ di tempo che una splendida idea ha preso a ronzarmi per il capo,
manco fossi un Cesare Ragazzi d’altri tempi: riaprire il blog in pianta
stabile. Bella idea del cazzo, obietterà qualcuno, nulla da eccepire, replico
io; si tratta infatti di una brillante trovata concepita nel vorticare di una
vita sempre più incasinata, indotta da deliri ormonali e alcolici di un’anima
che rinasce quando ormai tutto sembrava perduto e di un cervello affollato da
lemmings in furiosa corsa verso l’abisso. Eppure vorrei prendere l’impegno di tornare
a posteggiare ogni tanto, senza regolarità alcuna, più con l’approccio della
creatività che con quello di un impiegato del catasto. Mi rendo conto che dopo
tante false ripartenze, e magari questa sarà l’ennesima, la mia credibilità se
la gioca col politico di turno che promette di abbassare le tasse, ma confido
molto nella fedeltà di voi seguaci appassionati, sparsi nonché sparuti e, a
volte, spariti per il mondo. Già vi immagino alla stregua di una setta talmente
segreta da risultare ignota perfino a essa stessa, che gli Illuminati e Adam
Kadmon ci fanno un baffo.
Bene,
mi rendo conto che se qualcuno fosse sopravvissuto a queste prime, deliranti,
righe, si starà sicuramente chiedendo di cosa intendo parlare in questo post di
rientro. L’idea, intanto, è quella di una nuova rubrica, quella degli scheletri
nell’armadio, o “Skeleton In The Closet” come recita pomposamente il titolo,
ché a noi piace tanto stigmatizzare l’ammerica, ma poi non si resiste a un bel
titolo strillato à la cazzo nell’idioma d’Albione. Che la coerenza può essere
il peggiore dei vizi, come vado ripetendo da anni dando la stura a dibattiti
sulla riapertura dei manicomi.
L’idea
di fare pubblica e metaforica pulizia dei miei armadi dalle ossa che si vanno
ammonticchiando da tempo immemore, l’ho partorita, come tutte le idee geniali,
da riflessioni piuttosto banali. A chi non sarà capitata la tipica situazione
quando, nel bel mezzo di una conversazione, per banale distrazione o in
rilassato sovrappensiero, si butta là un’osservazione capace di dare
consistenza quasi cacofonica allo schianto d’ossa dello scheletro preistorico d’un
plesiosauro che vien fuori senza preavviso dal vostro armadio mentale?
Esempio:
può capitare, al cineforum avente per tema “Il simbolismo del cinema muto
polacco” che ve ne usciate con una citazione del “Ragazzo di campagna” con
Renato Pozzetto, o di qualche immortale capolavoro dell’erotismo soffuso tipo “Quel
gran pezzo dell’Ubalda”. O ancora, alla presentazione dell’ultimo libro sulle
radici dell’ermetismo, prendiate la parola per tracciare una discutibile
ragnatela che unisca Ungaretti e Montale con le recenti fatiche letterarie di
Fabio Volo e Federico Moccia. O che, alla conferenza sul Bosone di Higgs, vi
alziate e, nell’improvviso silenzio tombale fattosi tutt’attorno, chiediate con
voce malferma al fisico islandese che ha appena concluso il suo intervento di
sei ore e ventun minuti, qual è il suo segno zodiacale. Sono quelle situazioni
in cui vi ritrovate seduti in cima a un monte di ossa paleolitiche, col
consesso che vi fissa manco aveste appena percorso il red carpet della notte
degli Oscar con sandali infradito inzaccherati di canina merda.
Questo
per dire che anche il Vostro, mentre per anni vi consigliava dischi che
sembravano troppo di nicchia anche al più maniacale degli indie o aspettava con
ansia il giorno di riposo per spararsi la “trilogia sul silenzio di Dio” di
Ingmar Bergman, o propinava a amiche pazienti film greci sottotitolati, si
dilettava magari a celare ossa misteriose nel suo guardaroba. Ora, manco fossi
la CIA o roba del genere, ho deciso di aprire questi archivi segreti; non
aspettatevi rivelazioni shock troppo estreme, che so, “ecco la foto della mia
collezione di CD di Gigi D’Alessio e dei neomelodici disposta in ordine
alfabetico”, ma penso che qualche sorpresa ci sarà. Come ghiotto anticipo della
rubrica, un paio di pezzi che non vi aspettereste di trovare su questo blog.
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