Angelica - Quando Finisce La Festa (2019) Recensione




Perché in Italia hanno successo cantanti femminili, francamente indifendibili, come Pausini, Marrone o Amoroso? Perché nessuno si indigna per un testo oscenamente reazionario come quello che Arisa ha portato a Sanremo? E soprattutto, perché il disco di Angelica Schiatti non è il caso discografico di questa primavera? A questo e a molto altro cercheremo – senza riuscirvi – di rispondere nella recensione di Quando finisce la festa.



In un paese dove nei talent pare che il primo insegnamento sia quello di strafare, di urlare a squarciagola e di mettersi a piangere ogni due per tre, e dove una brava artista come Levante sia costretta a dire le parolacce – che scandalo! – per farsi notare, non sorprende che un piccolo gioiello come QFLF corra il rischio di passare inosservato. E un po’ fa rabbia, perché in fondo non stiamo parlando di avanguardia o di death metal, ma di un disco estremamente fruibile, col solo difetto di essere forse di qualità troppo elevata per la scarsa cultura musicale dell’ascoltatore italiano.

Angelica è il progetto solista di Angelica Schiatti, già apprezzata vocalist dei Santa Margaret, tentativo di rock blues all’italiana col chitarrista delle Vibrazioni Stefano Verderi. In questo suo esordio le coordinate cambiano parecchio, tanto che Angelica non sembra neanche la stessa; grandi aperture melodiche, un sottile fil rouge di malinconia che percorre tutto il lavoro e soprattutto un utilizzo sempre misurato della voce che, al contrario, nei Santa Margaret era spesso sporcata di blues e soul.

Angelica Schiatti, trentenne monzese, brillante presenza scenica e inzuppata di vintage, qui scrive arrangia e canta una manciata di canzoni che ci fanno riappacificare con la musica pop nostrana; l’influenza di Levante, in alcuni passaggi sarcastici da festa finita, per l’appunto, è palese. Tuttavia, a mio giudizio, Angelica ha qualcosa in più soprattutto nel trovare ganci melodici importanti. Quanto alla scena itpop i riferimenti sono più o meno nobili, qua e là si sentono echi dei Baustelle – specie in qualche arrangiamento – e dei Canova, mentre i synth sparsi con misura rimandano ai momenti migliori, se ce ne sono, dei Thegiornalisti. Insomma, un primo disco senza grandi pecche ma che vede ancora margini di miglioramento, facendo ben sperare.
I pezzi sono tutti di buona qualità, l’apertura di Adulti con riserva e Beviamoci sono forse gli episodi in cui il fantasma di Levante aleggia di più, con annesso immaginario di giovani adulti dediti alla precarietà come filosofia di vita. I giocatori, proposta in due diversi arrangiamenti, è uno dei pezzi forti e rivela il gusto di Angelica per il calembour. Due anni fa e Mi spiace (davvero) sono due lenti malinconici davvero molto azzeccati. Guerra e mare è un singolo ideale, dal ritornello accattivante e in cui la cantautrice cita senza patemi Luigi Tenco Mi sono innamorata di te, forse perché, un po’ come te, non avevo niente da fare – mentre Domenica e lunedì, coraggiosamente solo piano e voce, è forse il momento migliore del disco. La title track chiude con la giusta suggestione, mentre la precedente Bambina feroce potrebbe essere un tormentone radiofonico e piacere al grande pubblico e – infatti – è il pezzo peggiore dell’intera raccolta.

In definitiva il rischio del progetto è quello di rimanere in una pericolosa terra di nessuno, parecchie spanne sopra i reduci da talent e Sanremo vari, ma un passo e mezzo fuori dalla canzone d’autore. Ma non è detto che sia un male.

Voto: 7+

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