Avvistamenti: Graveyard-Lights Out(2012)

Terzo lavoro e terzo centro per gli svedesi Graveyard, band troppo spesso etichettata e infilata nel calderone doom metal senza, a mio parere, farne parte. Infatti il gruppo in questione propone una mistura estremamente trasversale di generi, sempre muovendosi nell'ambito di atmosfere vintage anni '70, che va dall'hard rock più classico, di derivazione blues per intenderci, à la Led Zeppelin, Free e Deep Purple, a cavalcate lisergiche e rilassate dove si rincorrono echi floydiani e fantasmi dei Black Sabbath. Il tutto con una pertinenza assolutamente impossibile da non rilevare, e senza scadere nella facile trappola del derivativo più becero; questo grazie a una scrittura matura che trascende i generi, a un'abilità strumentale che non guasta e soprattutto grazie alla splendida voce e personalità del vocalist Joakim Nilsson, capace di alternare un timbro profondo ed espressivo a improvvise accelerazioni in falsetto nel miglior stile hard rock. Lights Out, va detto, è secondo me una mezza spanna sotto al fenomenale Hisingen Blues del 2011, pur riprendendone atmosfere e schemi in modo pressocché immutato, ma è comunque un lavoro importante come conferma dopo il capolavoro precedente e l'ottimo esordio di poco prima. E quindi ritroviamo pezzi veloci e urlati di chiara matrice hard, come l'apertura di An Industry Of Murder o Seven Seven o ancora le granitiche Goliath e Fool In The End, alternate a ballate lunghe e saggiamente diluite come Slow Motion Countdown(pezzo forte del lotto), e cavalcate blues che sembrano uscite dritte dai primi dischi degli ZZTop, vedi The Suits, The Law & The Uniforms. Pare proprio che il rock più classico, da sempre patrimonio della West Coast e dalla perfida Albione, abbia trovato il suo porto più sicuro nella nordica Svezia.

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