Avvistamenti Veloci #5

Glen Hansard-Rhythm And Repose
Personaggio multiforme, cantautore, attore e chitarrista, sempre a un passo e mezzo dal trionfo(ma un Oscar per la miglior canzone l'ha vinto), Glen Hansard è passato dall'essere uno dei protagonisti del mitico The Commitments ai fasti in patria(Dublino) della band The Frames, fino al progetto The Swell Season. Ora esordisce come solista con un lavoro per me assai azzeccato, sorta di folk-soul intenso, dove la fantastica voce del nostro si regge in magico equilibrio tra Van Morrison, Ben Harper e Cat Stevens(Maybe Not Tonight è un gioiello ai limiti della clonazione).

Dr. John-Locked Down
Personaggio leggendario di New Orleans, Dr. John viene riportato alla ribalta dal Re Mida del blues odierno, Dan Auerbach, con un'operazione sulla falsariga di quanto fatto da Rick Rubin a suo tempo con Johnny Cash e da Jack White con Loretta Lynn e Wanda Jackson. Auerbach costruisce una serie di groove irresistibili tra blues di New Orleans e rock à la Tom Waits(di cui però, va detto, Dr. John va annoverato tra gli ispiratori e non viceversa), impegnandosi in prima persona con l'assolo al fulmicotone della favolosa Getaway. Un lavoro genuino e assolutamente credibile.

Guillemots-Hello Land!
Al quarto lavoro, la band inglese guidata da Fyfe Dangerfield si dà ad atmosfere placide e bucoliche, pur senza rinunciare a sferzate di leggerezza pop, confezionando un disco piacevole che cresce con gli ascolti. Perfetta Up On The Ride, parte piano, cresce, poi si avvita su sé stessa per rinascere pezzo pop con una melodia che manco gli Abba. In Southern Winds il falsetto di Fyfe la fa da padrona, con atmosfere che rimandano a Scarborough Fair di Simon & Garfunkel, ma è tutto il lavoro a colpire per  qualità e ispirazione.

The Tallest Man Earth-There's No Leaving Now
Parte il primo pezzo dell'album, To Just Grow Away, e le coordinate dell'uomo più alto sulla terra, alias lo svedese Kristian Mattson, sono ben chiare: Bob Dylan, quello a cavallo tra il purismo folk e le prime istanze elettriche. Certo, la forza di Dylan non stava solo nella semplicità degli arrangiamenti e nella voce indolente e strascicata, ma soprattutto nella rivoluzionarietà di quei testi in quel momento storico, tuttavia i pezzi di Mattson rimangono un bel sentire, come era stato per Pete Molinari, altro credibile epigono del menestrello di Duluth. Specie quando il nostro fruga nei recessi più oscuri dell'anima, come nella title track o in Bright Lanterns, un vero gioiellino.

 

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