Sitting On A Bench

Seduto su una panchina all’Outlet.
Perso in nervosismi e malinconie futili, quando dovrei solo buttarmi in ginocchio e ringraziare dio, o l’invisibile unicorno rosa, o chi per loro, per tutto quello che ho, mi guardo attorno.
L’Outlet è il luogo principe della depravazione consumistica e del cancro di questo nostro secolo nuovo di zecca, l’omologazione. La società liquida e votata all’individualismo più sfrenato profetizzata da Baumann si concretizza in una sorta di ossimoro sociale: ognuno pensa solo per sé, ma ognuno mira a essere uguale all’altro.
Siamo nel desolato hinterland di Pescara, ma potremmo essere ovunque, la squallida periferia di Milano, o quella disperata di Roma, o qualsiasi altra nel mondo. Tutto è studiato nei minimi dettagli per farci sentire in tutti e in nessun posto assieme. Persino la radio gracchia un inascoltabile pop estivo da quattro soldi proveniente da una fantomatica “Outlet Station” che immagino uguale in ogni dove. Tutto è pensato, progettato e realizzato al solo scopo di rendere l’utente, perché è questo che siamo, non persone, il più possibile spersonalizzato, al fine di renderlo immune da qualsiasi pensiero autoctono. L’individuo diviene così solo un minuscolo ingranaggio di un meccanismo esclusivamente economico, viene programmato in modo che creda di scegliere tra prodotti tutti uguali, e in modo da far insorgere in esso falsi bisogni e desideri che vanno subito appagati così da generarne altri, in un infinito rincorrere la propria ombra in cerchio.
Alzo lo sguardo e eccola lassù.
Elegante, maestosa, una poiana volteggia innalzandosi sempre più sopra il complesso che imita un centro storico senza crepe. Senza apparente sforzo sfrutta le correnti ascensionali per issarsi sempre più in alto, sempre più lontana dalle umane miserie e frenetiche futilità, perfetta nell’assecondare spontaneamente la sua natura.
Mi sembra quasi di aprire gli occhi in quel momento, e ecco a pochi metri da me un altro spettacolo, ovviamente ignorato da tutti. Una ballerina bianca esegue i suoi semplici, ma allo stesso tempo irriproducibili, passi di danza tra i tavolini del bar, alla ricerca di briciole lasciate cadere da distratti turisti tutti uguali, oberati dalle loro pance prominenti e dai loro sacchetti sempre pieni. Quanta eleganza e superiorità nelle sue movenze.

Guardo colmando il mio spirito di queste immagini e penso che a volte la bellezza è intorno a noi, anche in mezzo al marciume. Basta avere gli occhi per vederla.

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